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Chiesa in stile classico |
Agiografia di San Raffaele |
Dell'angelo Raffaele (= Dio guarisce) se ne parla ampiamente nel libro di Tobia: egli è inviato dal Signore per guarire Tobia e Sara (Tob. 3,25); si fa compagno e guida di Tobia (ibid., 5, 4, sgg.); lo difende, lo introduce in casa di Sara che viene da lui liberata; riconduce a casa Sara e Tobia che narra al padre i benefici ricevuti da Raffaele. Unica ricompensa richiesta dall'angelo e la lode di Dio. Raffaele è anche nominato frequentemente in molti apocrifi. I calendari giudiaci lo designano qual protettore del primo giorno della settimana e che vegli per accendere la luce, in quanto è preposto al sole. E' menzionato nell'apocalisse di ESDRA; nel MIDRASH dei dieci comandamenti, il suo nome domina sui rettili. Ha il compito di guarire i buoni, onde l'uso di scrivere il suo nome nelle formule di guarigioni e sugli amuleti adoperati contro le malattie. Sana le malattie e le ferite, guarisce la cecità. E' invocato nelle malattie dell'anima e del corpo. E' il patrono dei farmacisti. Dall'essere stato guida di Tobiolo gli deriva il patronato sui viaggi per terra e per mare. Era soprattutto considerato protettore degli adolescenti che lasciavano per la prima volta la casa. Le celebrazioni liturgiche in onore di S. Raffaele sono tarde e infrequenti; fino ai secc. X-XI mancano sacramentari e martirologi; poi appaiono isolatamente, alle date più varie. Solo nel 1921 Benedetto XV le prescrisse per tutta la Chiesa, fissandola alla data del 24 ottobre. |
Culto |
Nel 1659, Carlo Camillo Massimo II chiese al papa Alessandro VII di celebrare la festa in onore di San Raffaele la terza domenica dopo Pasqua, come si faceva lo stesso nella chiesa omonima nella città di Venezia. Il papa nel 1667 concesse questo privilegio a Carlo Camillo Massimo II, il futuro cardinale; quale uomo di grande cultura, fece stampare, in bella veste tipografica, ed in carattere d'oro, il testo della Santa Messa che doveva officiarsi nel tempietto di S. Raffaele. Oggi, non si celebra più la festa di San Raffaele Arcangelo e gli anziani del paese non ricordano, dagli inizi di questo secolo, una festa dedicato allo stesso Santo, come invece avviene per S. Rocco, S. Antonio, S. Sebastiano, S. Massimo, S. Croce. Speriamo che questa ricerca faccia riconoscere e riscoprire il culto verso Raffaele, santo che fa parte della cultura della comunità roccaseccana. |
Nota Topografica |
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Collina S. Raffaele anni '60 |
(La cappella è distinta in catasto - Foglio 4, part. A). |
Storia ed origine del Monumento |
Il tempietto di S. Raffaele è uno dei gioielli più preziosi del nostro patrimonio artistico in quanto, oltre alla sua particolare struttura architettonica, ospita interessanti affreschi. Sino a pochi anni fa, quando ancora non era stato visitato l'archivio della famiglia Massimo e gli archivi di Stato di Roma e di Frosinone, sul tempietto si avevano poche notizie ed oltretutto errate od inesatte. Il primo documento nel quale risulta la licenza per la costruzione risale al 3 gennaio del 1659: "Licenza concessa dal vescovo di Terracina al Cardinale Camillo di Massimi di poter far fabbricare e erigere una chiesa alla radice del Monte di Roccasecca e dedicarla alla S.ma Vergine e a S. Raffaele con officio e messa del medesimo S. Raffaele". A rafforzare la veridicità del documento e l'epigrafe ubicata all'interno della chiesetta. (vedi foto) Si comprendono, quindi, i motivi per i quali Carlo Camillo Massimo II lo fece erigere. Nell'anno 1653 ebbe la commissione di stipulare la pace tra la Spagna e la Francia. Durante il ritorno verso la propria patria, Camillo Massimo ebbe delle difficoltà di viaggio, per motivi non identificabili. Nell'epigrafe si usa il termine "salute". Nella lingua latina "salus-salutis" ha vari significati, come, la salvezza, la salute, e ci è difficile comprendere per quale grazia ricevuta fece erigere il tempietto e che sia stata o la salvezza da una calamità naturale o che sia stato guarito da qualche terribile malattia. |
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Iscrizione, sec. XVII |
Analisi pittorica |
La chiesa suburbana di S. Raffaele racchiude nel suo interno un prezioso patrimonio artistico di indubbia pregevolezza. Nello smalto luminoso dei colori, nella grazia composta delle figure alita una tale freschezza da costituire piena validità poetica al linguaggio dell'artista. Agli inizi del secolo XIX molti storici, tra i quali G. Marocco, G. Moroni, il principe Massimo (Massimiliano Camillo VIII) indicano quale autore di tali affreschi Domenico Zampieri detto il Domenichino. (1581-1641). Anche le missive riportate qui di seguito affermano l'identica cosa. | ||
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NOTIZIE RICEVUTE da me Giovan Battista
Ottaviani Architetto dall'Illustrissimo sig. Palmaroli Vittore. - Sepolcro degli Orazi e Curiazi fuori Albano. - In Velletri - Nella Chiesa dei Bonfratelli - La caduta di S. Paolo si dice di Paolo Veronese. - Nella chiesa di S. Michele Arcangelo - Vi esiste una mezza figura di un ECCE HOMO - si dice del Guido. In detta chiesa esiste una S.ta Anna, che si dice del Muziani - Nella chiesa di S. Lorenzo de' padri Zoccolanti Francescani - Vi è il martirio di S. Lorenzo. Opera di Guido. - Nella chiesa detta S. Salvatore, un S. Francesco dei Muziani. - Nella città di Cori, diocesi di Velletri, vi è il tempio di Castore e Polluce. - Vi è in detta città il palazzo di Ercole, che vogliono fosse il Tempio di detto Eroe. - In una piccola terra nomata ROCCASECCA, situata sopra Piperno nel Cantone di Frosinone, nella chiesa nominata del CROCIFISSO, nei due laterali di una cappella esistono due quadri del Dominichino, uno denominato la PROBATICA PISCINA, e l'altro... In Sutri un Anfiteatro ricavato e lavorato nel tufo. - In Capranica di d. a Sutri vi e un quadro del Caravaggio rappresentante un S. Sebastiano. - In Palestrina diversi avanzi del Tempio di Diana, sopra li quali hanno fabbricato la Chiesa di S. Agapito. - Sul monte della medesima Palestrina nella Chiesa vi era un quadro della scuola del Micchelangiolo Buona Rota. In Bassano nel Palazzo Giustiniani vi sono Pitture a fresco del Domenichino e dell'Albano. In Caprarola nel Palazzo architettato dal Vignola vi sono pitture del Zuccari. - Sopra Rocca di Papa nel monte Cavi vi sono avanzi del Tempio di Giove. Vi esiste ancora una porzione della via Consolare. - In Cisterna nel Palazzo del Duca di Sermoneta vi sono molte pitture a fresco di Girolamo Cicciolante, come pute nella Chiesa di S.to Antonio de' PP. Cappuccini di detto luogo vi e un quadro del medesimo Cicciolante. - In Frascati nella villa fu Villa Amadei ora ridotta quasti tutta a vigna, in un Palazzino della medesima vi sono molte pitture a fresco del Domenichino. |
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Oggetto: Monumenti di pubbliche
Pitture Sig. Giov. di Piperno Essendomi pervenuto in seno al suo foglio circolare del 12 corrente un esemplare del Sovrano Chirografo dell' ottobre 1802, e l'altra dell'Editto del 2 aprile 1820, intorno alle Pubbliche Pitture, le ne accuso il ricevimento, e l'assicuro averne fatto comunicazione al Pubblico, ed a chi si deve. Profitto di questa circostanza per farLe conoscere, che esiste qui una chiesa Rurale col Titolo di S. Raffaele di proprietà dell'Ecc.ma Casa Gabrielli ove sonovi dei dipinti a fresco, che diconsi del celebre Domenichini. Nel quadro dell'unico altare vi è rappresentato l'Arcangelo S. Raffaele, ed il vecchio Tobia genuflesso ai suoi piedi, e al di sopra la SS.ma Vergine col Bambino. Nella parete, che riguarda il Cornu Evangelj vi si rappresenta la Probatica Piscina, e nella parete opposta le Nozze di Cana. Sarebbe questi prezioso monumento se di tanto esimio pittore opera veramente fosse, e come tale meritarebbe tutta l'attenzione perché venisse conservata. A quest'effetto potrebbe ordinarsi il restauro della chiesa, ch'è ridotta in pessimo stato, e riporre in sesto l'intonecatura del Quadro della Nozza di Cana, che in un punto si vede distaccato dal muro, e farvi quindi altre riparazioni necessarie. Tanto... |
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GOVERNO |
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Oggetto: Rapporto relativo alla circ. Disp. del 3 ottobre 1833 11645 di Segreteria G.le |
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Ecc.nza
R.ma Diramati alle Comuni dipendenti gli Esemplari del Chirografo Sovrano 1 ott. 1802, e dell'Editto dell'E.mo Camerlengo del 1 Aprile 1820, relativi alla conservazione degli oggetti di antichità, e scavi, il Priore di Roccasecca ha diretto rapporto a questo Governo sulla necessità delle occorrenti riparazioni alle Pitture a fresco, che si credono del Domenichino, esistente nella Chiesa suburbana sotto il titolo dell'Arcangelo S. Raffaele. Debbo però avvertire, che la Chiesa med.a è di pieno diritto dell'Ecc.ma Casa Gabrielli, e quindi umilio all'E.V.R.ma il rapporto, di cui si tratta per quelle provvidenza che crederà necessarie ed ho l'onore di rassegnarmi, con ossequio e rispetto. Di V.E.R.ma. |
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Piperno
2 novembre 1833 |
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Tobia, Tobiolo e l'Angelo, sec. XVII (part.) | ||
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Da una analisi dei documenti, però, risulta impossibile attribuirli all'esimio pittore. Infatti l'artista bolognese morì nel 1641 quasi vent'anni prima della costruzione del tempietto. Chi sarà allora l'autore di questi pregevoli affreschi? E' opinione comune che sia stato un allievo del Domenichino, Francesco Cozza, autore degli affreschi del palazzo Doria a Valmontone, al Pantheon, ecc. La soprintendenza alle gallerie di Roma l' attribuisce invece le opere ad un anonimo pittore seguace di Pietro da Cortona. Da buon cultore per I'arte classica e per il suo gusto raffinato Camillo affidò l'esecuzione delle opere pittoriche sicuramente ad un pittore affermato che agiva a Roma. Il cardinale aveva molti amici pittori, tutti famosi e di "buon pennello". "Visse il cardinale dedito alle lettere, alla pietà ed a tutte le virtù e le scienza, e perciò protesse i letterati e gli artisti, fra i quali si distinse particolarmente il Pussino. Un giorno il prelato visitò nel suo studio l'insegne artista francese e giunta l'ora di andarsene rivolto verso Nicolas Poussin disse: "Io vi compatisco che non abbiate un servitore" rispose Nicolò: "Ed io compatisco piu V.S. Illustrissima che ne ha molti". | ||
Bellori, o.c. pag. 456 |
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Santangelo, il compilatore delle vecchie schede della soprintendenza afferma che "l'opera deriva direttamente dal Domenichino". Si nota quindi una disparità di giudizi nell'attribuire la paternità di tali opere di alta qualità pittorica. Sicuramente Camillo Massimo non scelse, da buon intenditore, un mediocre pittore ma un buon artista già affermato per la sua raffinata arte del colore. Citiamo, di seguito, alcuni giudizi incontrati durante la ricerca. "Una chiesa suburbana dedicata all'Arcangelo Raffaele guasta sebbene da frequenti fulmini merita molta considerazione per le eccellenti pitture del Domenichino" (Marocco, o.c.) "E venne posteriormente ornato dal Card. Camillo Massimo con bellissime pitture del Domenichino, che ancora si vedono tanto nel palazzo baronale, quanto nella chiesa suburbana dell'Arcangelo S. Raffaele con analoga iscrizione" (Principe Massimo, o.c.) "Avvi la chiesa suburbana di S. Raffaele Arcangelo rovinata dai frequenti fulmini, con pitture del Domenichino" (Moroni, o.c.) "Tra i suoi fabbricati sono notevoli, la chiesa colleggiata, il palazzo baronale di solida ed elegante architettura e la chiesa di S. Raffaele Arcangelo, posta fuori della terra, in cui ammiransi belle pitture del Domenichino" (Stefani, o.c.) "Possiede una cappella i cui affreschi sono del Domenichino" (Abbate, o.c.) "A circa 200 metri sopra il paese sorge una chiesa sacra all'Arcangelo Raffaele, con freschi rappresentanti Tobia e Tobiolo, attribuiti anch'essi al Domenichino, che soggiornò a Roccasecca quando fu esiliato da Roma" (Strafforello, o.c.) "Gli affreschi di S. Raffaele rivelano, comunque, un pennello di buona scuola e di grande mestiere. Si impongono all'attenzione per l'ampiezza e la drammaticità della composizione coi suoi abilissimi giochi prospettici in profondità, per la maestria del disegno e del colore e per il vigore espressivo delle figure" (A. Caradonna, o.c.) La maggioranza dei documenti attribuiscono gli affreschi al Domenichino, eseguiti durante il suo esilio da Roma. Ma pare impossibile dato che l'artista bolognese morì prima della costruzione del tempietto. Le opere pittoriche racchiuse nelle cappelle rispecchiano in parte lo stile architettonico classicheggiante del tempietto. Ricordo che ci troviamo dopo la meta del XVII secolo (1660-1670) periodo nel quale si spegnevano i "fuochi" dell'epoca classica e se ne accendevano dei nuovi, ardenti, quelli che nell'800 verranno chiamati, a titolo di spregio, barocchi. I bollori di rinnovamento si sentivano attraverso le opere di G. Lorenzo Bernini, del Rubens, del Borromini, ecc. e la maggioranza della Roma che contava, compreso naturalmente la Chiesa, accettò di buon grado questi uomini che oggi additiamo fra i piu grandi della storia artistica mondiale. Ma il cardinal Massimo, attaccato com'era alle forme classiche, mal sopportò la nuova linea, che giudicava bizzarra e di non gradimento. Anche la sua dimora romana (palazzo Massimo), capolavoro dell'arch. Baldassarre Peruzzi (1481-1537) alito di armoniosità e di buon gusto, lo spingeva alla refrattarietà dei nuovi canoni. Per tali motivi si circondò e ricercò artisti e letterati legati all'euritmicità tipica del mondo classico ed affidò con molta probabilità la progettazione del tempietto e la composizione delle opere pittoriche di S. Raffaele a persone che, anche se viventi in un periodo in trasformazione, seppero mantenere integre le metodologie classiche, che il cardinale ricercava in tutte le espressività artistiche e culturali. | ||
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GUIDA ILLUSTRATA |
Analisi Pittorica |
Innalzato
sul colle omonimo, il tempietto di S. Raffaele, dedicato alla Madonna
degli Angeli ed a S. Raffaele, domina, quasi a proteggerlo, l'intero
centro urbano. La collina "che, con molta fantasia potremmo
accostare all'Acropoli di Atene, rende la povera materia che forma la
struttura di una purezza celestiale, che si lancia verso il cielo"
(Pietro Di Lucia). L'edificio poggia su una base marcata da una cornice di mattoni rossi che percorre i quattro lati. Alle pareti laterali si aprono due piccole finestre incorniciate da mattoni rossi: si distacca sul lato destro un arco che dona un tono di grandezza e maestosità all'intero complesso architettonico. Il prospetto principale, scandito da quattro paraste di mattoni rossi a vista, con capitelli corinzi in cotto, e marcato da un frontone fittile che conferisce al monumento il tipico aspetto classico. Si accede alla cappella attraverso una scalinata sempre in mattoni, messi a taglio, ove il percorso ascensionale si ricollega al pensiero vocazionale tipico dei templi classici dell'antichità. INTERNO L'unica cappella (m. 5,50x3,50) appare, al primo impatto, molto più ampia di quello che è realmente. Sulle reali strutture architettoniche della cappella il pittore ha affrescato con geniale ardimento illusionistico le pareti e la volta che dilatano molto di più lo spazio reale. La composizione artistica si avvicina di molto alla cappella Altieri nella chiesa di S. Maria Sopra Minerva in Roma. Il cardinale Camillo Massimo Il fu infatti incaricato dal papa Clemente X a soprintendere ai lavori della cappella. 1° AFFRESCO - Il miracolo della PISCINA PROBATICA. (Misure: 245x379). La mirabile opera mostra il miracolo della piscina probatica chiamata anche piscina di Betzata, sita nel tempio di Gerusalemme. Ecco come ci descrive l'evento, ed in modo particolareggiato Giovanni nel suo vangelo (Cap. 5,19): "Vi fu poi una festa per i Giudei e Gesu sali a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina chiamata in ebraico Betzata, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto. Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo stava cosi, gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina". E all'istante quell'uomo guarì, e preso il suo lettuccio, cominciò a camminare". 2° AFFRESCO - Il pranzo di TOBI di PENTECOSTE. (Misure: m. 145x379) Il tema della pittura riguarda il pranzo di Pentecoste di Tobi. Questa festa ebraica, si celebra cinquanta giorni dopo la Pasqua, che commemora la liberazione dalla schiavitù d'Egitto. L'episodio è desunto dal libro di Tobia (Cap. 2,1,6): "Per la nostra festa di pentecoste, cioè la festa delle settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola: "La tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: "Figlio mio, va, e se trovi i nostri fratelli deportati a Ninive, qualche povero, che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad aspettare che tu ritorni". Tobia uscì in cerca di un povero tra i nostri fratelli. Di ritorno disse: "Padre!". Gli risposi: "Ebbene, figlio mio". "Padre -riprese- uno della nostra gente è stato strangolato e gettato nella piazza, dove ancora si trova". Lo posi in una camera in attesa del tramonto del sole, per poterlo seppellire. Ritornai e, lavatomi, presi il pasto con tristezza, ricordando le parole del profeta Amos su Betel: "Si cambieranno le vostre feste in lutti, i vostri canti in lamento". E piansi. Quando poi calo il sole, andai a scavare una fossa e ve lo seppelliì. I miei vicini mi deridevano dicendo: "Non hai paura! Proprio per questo motivo è già stato ricercato per essere ucciso. E' dovuto fuggire ed ora eccolo di nuovo a seppellire i morti". L'affresco è stato confuso spesso con le Nozze di Cana; e l'opera che è stata più danneggiata dai fulmini, come testimoniano anche le missive presso la soprintendenza ai Monumenti del Lazio e presso l'archivio di Stato di Frosinone. AFFRESCO CENTRALE - Rivelazione e congedo di Raffaele. (Misure: 205x133) L'opera presenta le figure di Tobia e di suo figlio genuflessi davanti all'Angelo Raffaele, il quale indica in alto la presenza della Vergine degli Angeli con il Figlio. La scena e descritta nel libro di Tobia (Cap. 12,15-16) : "Quando poi non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e sei andato a curare la sepoltura di quel morto, allora io sono stato inviato per provare la tua fede, ma Dio mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire te e Sara tua nuora. Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore". Allora furono riempiti di terrore tutti e due; si prostrarono con la faccia a terra ed ebbero una grande paura". Sopra l'altare, nelle sembianze di una bianca colomba, è raffigurato lo SPIRITO SANTO, attorniato da angeli e cherubini. Sopra la porta d'ingresso, in bei caratteri romani, su sette righe, è riportato la dedica della fondazione della cappella, avvenuta nel 1659 per volere di CAMILLO MASSIMO, cardinale e nunzio apostolico in Spagna presso la corte di Filippo IV. Sovrasta la dedica il dipinto raffigurante lo STEMMA dei MASSIMO sormontato da insegne vescovili. Ai lati sono rappresentate le figure femminili allegoriche del MERITO e della PACE. La prima reca in mano una corona d'alloro, la seconda un ramoscello di ulivo e sono adagiate su un plinto addobbato di festoni di foglie. (Misure: m. 200x360). L'ultimo intervento di restauro del tempietto di S. Raffaele risale agli anni sessanta. Già nel 1921, il proprietario, il Conte Guglielmo Vinci Carpegna, nella nota del 7-6-1921 inviata alla Soprintendenza ai Monumenti, denunciava lo stato fatiscente della chiesetta, ed urgeva restaurarla al piu presto. Dalle rare foto dell'epoca, infatti, si può notare il crollo totale dell'arco sinistro, la rottura quasi totale del timpano, le finestre murate, i muri esterni pieni di buchi, la scalinata fatiscente. I danni, oltre all'abbandono, erano causati dai numerosi fulmini che colpivano il tempietto. Uno di questi spaccò diagonalmente la parete destra e danneggiò fortemente I'affresco "Pranzo di Tobia". Nel 1943 il sacerdote Carlo Bove in una lettera del 7 giugno denunciava lo stato di totale abbandono della chiesetta e fece appoggiare delle tavole nell'affresco quasi staccato per non farlo cadere e perderlo irrimediabilmente. Nel 1943 il tempietto fu acquistato dal sig. Scillia Luciano. In una sua nota del 26-04-1961 denunciò i danni subiti dalla chiesetta a causa di una cannonata che durante I'ultimo conflitto mondiale colpì la parete S.O. Per avere un restauro murario e pittorico ci volle il 1963 che riportò a far risplendere il monumento. Il restauro, costato più di 4 milioni di lire, fu finanziato in parte dalla Soprintendenza ai Monumenti del Lazio. |
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Stemma Massimo con figure allegoriche, sec. XVII |
Bibliografia:
Quaderni di storia locale Comune di Roccasecca dei Volsci Pro-Loco di Roccasecca dei Volsci
Bollettino Dell'Istituto di Storia e di Arte del Lazio Meridionale Roma, Casa di Nicola Crescenzio via Teatro Marcello, 54 |
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